Editoriali e critica

Giovanni Pastore sa trarre dalla realtà spunti originali che rende con grande sensibilità, grazie ad un accorto uso del colore ed al perfetto governo delle forme

Dieci anni sono un tempo sufficiente per verificare lo spessore di un artista, per lasciare sedimentare le diverse fasi di ricerca ed evoluzione e coglierne la cifra stilistica. Se la qualità c’è, in dieci anni emerge con forza naturale e si propone senza scorciatoie. Ed è proprio quanto accade per Giovanni Pastore, che in questa mostra propone dieci anni di lavori ad acquerello e alcune incisioni.
Il tempo trascorso è stato galantuomo e ci permette di cogliere tutta la qualità artistica di Giovanni Pastore, che non a caso ha coltivato la virtù del tempo nella sua dimensione dell’attesa e del piacere di raccontare, al di là delle mode e delle sirene del mercato.

L’artista ha la dote importante di non avere paura del colore, a cui aggiunge una capacità davvero interessante di saper trasmettere anche quelle sfumature interiori che rendono le sue opere vive. E da acuto osservatore, Giovanni Pastore sa trarre dalla realtà spunti originali che rende con grande sensibilità, grazie ad un accorto uso del colore ed al perfetto governo delle forme. Tanto che in taluni casi l’equilibrio compositivo e cromatico è tale da farci sembrare, ad una prima veloce lettura, di fronte ad un’opera ad olio.

Nei suoi acquerelli si coglie immediato, infatti, il piacere che prima di tutto prova l’artista nel governare il colore, le sue sfumature, nel tenere a freno lo scorrere della tinta fuori dalla traccia. Gli esiti sono molto interessanti e di grande piacevolezza. Il dominio sul colore permette la definizione di mille e mille particolari, di giocare con le sfumature della stessa tinta per rendere con naturalezza un verismo che non si ferma alla fotografia, da cui peraltro in molti casi l’artista prende spunto, ma vive di una profondità che si nutre dei diversi piani prospettici evidenziati anche dalle differenti tonalità dello stesso colore, da un gioco di dilatazione del piano visivo che vive nel confronto fra memoria e attualità, fra ricordo e sua trasposizione sulla carta.

Le sue opere nascono partendo da un eccellente disegno di base, senza la fretta di finirle, ma riprendendole anche più volte, con sequenze quasi cinematografiche, facendo sedimentare il colore e l’idea compositiva per rafforzare l’esito cromatico e d’insieme. Proprio la ripresa e la sovrapposizione del colore, dopo un tempo di decantazione del passaggio precedente, portano a tonalità particolari, rese ancora più personalizzate e caratteristiche dall’uso di colori che l’artista stesso compone, nel senso che miscela e mette a punto appositamente per raggiungere gli esiti voluti.

Nei suoi acquerelli prendono vita luoghi visitati e personaggi incontrati durante i suoi viaggi in Italia ed all’estero. Paesaggi, scorci di città italiane famose, come Venezia e Firenze, della sua Imola o di paesaggi e personaggi fotografati in giro per il mondo, che diventano ricordi e suggestioni a testimoniare un ricco universo di immagini che fanno parte del suo patrimonio interiore, prima ancora che di quello esteriore.

Quell’arte della manualità, quella perizia da homo faber si manifesta con precisione anche nelle incisioni, che costituiscono una sezione a parte della mostra, ma al tempo stesso strettamente connessa all’acquerello.
Anche in questo caso, infatti, emerge tutta l’abilità di Giovanni Pastore, che incide le lastre di zinco esclusivamente a mano con bulino e punta secca. A dirci che quando la precisione non è solo rigore, ma anche armonia della creatività, allora l’opera è capace di guidarci lungo “Quel sottile filo che ci unisce”, fra memoria e presente, fino all’attesa del futuro.

Vinicio Dall'Ara

Giovanni Pastore e i significati artistici e umani della sua personale 2012 a Calderara di Reno

Giovanni Pastore, fin dalla fanciullezza, ha rivelato un suo particolare talento per il disegno. Nasce da qui la metafora di quel filo, come segno o come la linea ricavata dal susseguirsi dei punti del bulino, che caratterizzerà la sua professione di incisore metallico e diventa in seguito la base della sua creazione artistica.
Il suo primo maestro (1967 – 1976) è stato Mario Spinelli ed è nella sua bottega dove Giovanni ha acquisito e maturato quella manualità, sempre più precisa e sicura, che lo ha portato ad incidere i suoi primi quadri sulle lastre di zinco.
Dopo il sorgere di quest’alba rosea è avvenuto un intervallo, che lo stesso artista nelle sue note autobiografiche definisce “una sosta forzata causa gli impegni di lavoro”, che dal 1980 al 2000 hanno preso “il sopravvento sulla passione artistica”.
Anche se questo spazio di vent’anni costituisce un’epoca, per un temperamento attivo e concreto come quello di Pastore è stata una fase di realizzazione professionale, legata certamente alla conquista di un prestigio economico e alla formazione della sua famiglia; intanto però ha nutrito lo strato più profondo del suo animo d’artista.
Dopo vent’anni, “il richiamo del bulino” e l’amicizia di un talento calcografico come Antonio Bocconcelli lo inducono a compiere un passo ulteriore: “dalle sue lastre in metallo si materializzano” le prime stampe su carta.
Accanto al quadro appagante del lavoro, riemerge quella energia latente, come necessità di dare spazio alla sua ispirazione; avviene allora la conquista a sorpresa del suo vero mezzo espressivo: “l’amore a prima vista con l’acquerello”.
Inizia a frequentare i corsi dell’Università Aperta di Imola e conosce i professori Giovanni Bellettini e Nevio Bedeschi; inizia una nuova acquisizione di mezzi tecnici ed espressivi, che sono andati oltre al suo innato bisogno di “meticolosità e precisione” ad iniziare dall’uso più libero del bulino, accostando così alla “sua storia incisa quella dipinta”1.
“Ha appreso velocemente la tecnica dell’acquerello, riuscendo ad ottenere risultati sorprendenti” sia nel’uso del colore che “nella realizzazione delle forme: luci ed ombre sono ben dosate e la prospettiva studiata attentamente”2.
La pittura ad acquerello stimola la sua sensibilità, fa emergere un’energia liberatoria ed impensate possibilità espressive. Scaturiscono immagini quasi riemerse da un sogno o dalla memoria dolce della fanciullezza, come in Ritorno a casa, in cui le barche a vela, mosse dalla brezza della sera, si cullano nell’armonia in un mare di riflessi fatati.
Rappresenta particolari osservati in natura come Intreccio tra papaveri e grano, attratto dall’amalgama di colori caldi, su cui s’intona il rosso, che diventa il tema dominante in Un mare di papaveri. Dipinge case con giardini fioriti, composizioni armoniche di tetti e cupole sullo sfondo del mare azzurro, scorci e strade a Imola o gondole nei canali particolari di Venezia, con l’intonazione e la spontaneità di chi ha raggiunto una proprio stile, un proprio linguaggio per immagini.
Inizia a dipingere le figure femminili, esprimendo quella passione che anima la vita dei sensi e della fantasia umana fino dall’antica mitologia, ma con una moderna efficacia figurativa, per fermare un attimo sublime o l’ansia e il dolce tormento dell’attesa. Forse, sul piano artistico e per intensità di significati emotivi e psicologici, la ragazza di Visione sfuocata è la più intensa del genere, come la più dolce è la fanciulla che suona il flauto in Aria … di festa.
Giovanni Pastore sente poi il bisogno di andare al largo, d’inserirsi in un ambito visivo più ampio, sempre sospinto dalla sua vena commossa e da una particolare sensibilità, che lo inducono a cercare altre figure, altri volti e ambienti caratteristici, con una particolare comprensione umana e un rispetto affettivo e morale della loro condizione.
In questi viaggio attorno al mondo la percezione della realtà assume la dimensione della documentazione fotografica, della ricerca di scene, di particolari e di personaggi così come li struttura il loro ambiente: da Testa tra le nuvole del bambino peruviano seduto accanto al suo cagnolino o del monaco tailandese, a cui i devoti vanno a raccontare le loro pene.
Sono ancora i volti di fanciulle, che gli permettono di comprendere come il fascino misterioso della vita emerga in costumi di etnie diverse: in Sorrisi velati, la fanciulla che vende vasi è al centro di una composizione di sfere ed otri armonica e ascendente, come se un mondo fantastico scaturisse dal suo sguardo; all’opposto di Mu Mu Hue, dove il volto della ragazza orientale, con in rilievo i decori rituali di una festività solenne, è in primo piano con la profondità di uno sguardo, che rivela sensibilità e malinconia.
Dopo questa indagine visiva, dopo la raccolta di immagini che lo collegano al globo come ad un paese dilatato, egli “crea” le sue opere e questo momento è per lui fantastico; infatti dietro alla dichiarata passione del momento, l’artista vede il dipinto comporsi sempre più in sintonia con le proprie emozioni, come riuscisse per magia a dare forma e sostanza a quel sogno mai del tutto realizzabile, segreta speranza e frustrazione del nostro animo.

Rino Battistini

Negli acquerelli e nelle incisioni di Pastore non sono ammessi “errori”

Non mi si chieda di qualificare l’amico Giovanni Pastore nelle distinzioni della cronologia storica dell’arte moderna, contemporanea o d’avanguardia.
Non saprei rispondervi.
Giovanni e’ altro: non e’ condizionato dal mercato, e’ ricco di un sentimento profondo di ricerca seria e intelligente, con un’esperienza lodevole di lavoro condotto con sincerita’ e silenzio.
La curiosita’ di scoprire lo porta oltre Europa, la’ sa registrare, col suo obiettivo, luoghi, personaggi e abitudini di civilta’ non industrializzate, rimaste all’abbandono tecnologico.
Civilta’ operose ma a volte, doloranti per sfruttamento.
Cosi’ Giovanni, fotografa e recupera quelle immagini quotidiane di realta’.
La disperazione di volti stretti fra le mani denunciano quella tristezza.
Nei volti dei piu’ giovani, certo meno sconfitti, si evidenzia uno splendore realistico di riscatto.
Negli acquerelli e nelle incisioni di Pastore non sono ammessi “errori”: si osserva come il disegno divenga un solido percorso espressivo di lucida analisi a volte patetico, altre volte gioioso.
Emozioni di tempi sospesi.
Miseria, indigenza, ma anche felicita’ nella speranza di una fortunata rinascita.
Giovanni penetra con il segno e con il colore i significati profondi dell’ essere umano trasformando la tecnica in poesia.
Limpidezza figurale, creativita’ nella realta’, gradualita’ di luce e incidenti ombre, determinano effetti di limite veristico.
Cosi’, la contemporaneita’ di Pastore sembra indietro nel tempo in quanto si alimenta dell’incertezza odierna di civilta’ diverse.
Come molti di noi, anche Giovanni e’ consapevole di essere fuori dalle avanguardie storiche, ma la sua pittura, e’ pur sempre un omaggio alla vita, una condizione dell’esistere che coinvolge coscientemente l’ insistenza del favoritismo realistico.
Le sue opere evidenziano, con determinazione, di prendere parte spirituale e morale per necessita’ di “mostrare” e per far credere, con consapevolezza, ad una rinascita futura.

Dicembre 2011

Nevio Bedeschi

La pittura di Pastore e’ un viaggio a volte reale, a volte immaginario alla riscoperta del proprio io.

E’ con intensa emotività e nostalgia che Giovanni Pastore delinea con dovizia di particolari e tratti marcati le sue figure, i suoi paesaggi frutto di ricordi e di suggestioni evocate nel corso dei suoi numerosi viaggi.
Gli impasti cromatici sono carichi di energia espressiva che sembra esplodere nei volti dei personaggi rappresentati, spesso specchio delle fragilità dei sentimenti e delle passioni umane.
La pittura di Pastore e’ un viaggio a volte reale, a volte immaginario alla riscoperta del proprio io.

Gennaio 2009

Francesca Grandi

E’ una dote importante per chi dipinge, quella di non avere paura del colore.

E’ una dote importante per chi dipinge, quella di non avere paura del colore.
Giovanni Pastore lo gestisce con capacità ed inventiva, curando molto sia il particolare che la prospettiva.
La pittura di Giovanni e’ un viaggio a volte reale, a volte immaginario fra luoghi e sensazioni.
In questa sua mostra di ritratti,figure,paesaggi, l’Autore vuole idealmente condurre passo dopo passo lo spettatore, non solo lungo i sentieri della pittura, ma, come disse un poeta “a camminare lungo i più nascosti vicoli del cuore”.

Marzo 2007

Valerio Berardi